Statira, Venezia, Rossetti, 1742

Assente nell'edizione Zatta Frontespizio
 ATTO TERZO
 
 SCENA PRIMA
 
 Appartamenti di Artaserse con sedia.
 
 ARTASERSE solo.
 
 ARTASERSE
 Tenerezze importune
870e di sangue e d’amor, lunge da un core
 che occupato esser dei da giusto sdegno.
 Prove di mia giustizia attende il regno.
 Olà, venga Ariarate. (Siede)
 
 SCENA II
 
 ARIARATE fra guardie e detto
 
 ARIARATE
 Non già, signor, a mendicar in dono
875la tua pietà, la vita ora qui vegno.
 Odiata da te m’è troppo infausta.
 Solo a chieder io vengo
 nel tuo real sembiante
 l’estremo addio dal dolce padre amante.
 ARTASERSE
880Traditor, questo nome
 non ricercar ad Artaserse in fronte.
 Il tuo giudice io sono, il tuo nemico.
 Dimmi, non è cotesta
 l’indegna man che strinse
885contro Dario la spada
 e a difesa d’Oronte?
 ARIARATE
                                        È dessa; armata
 da un amor altre volte
 lusingato da te, da te voluto.
 La dignità sostenni
890d’una illustre regina...
 ARTASERSE
                                           Eh di’ piuttosto
 che una barbara donna i sacri nomi
 cancellò in te col suo crudel consiglio
 di vassallo, di principe, di figlio.
 Tua fronte il ciglio mio più non offenda.
 ARIARATE
895Poiché così ti piace
 parto, o signor, ma non negarmi almeno
 ch’io su tua regia mano
 l’ultimo bacio imprima.
 Queste innocenti lagrime ch’io spargo
900il primo sangue son ch’esce dal core,
 spremuto dall’amor, non dal dolore.
 ARTASERSE
 Ah che il giudice fugge e torna il padre!
 Figlio...
 
 SCENA III
 
 DARIO e detti
 
 DARIO
                 Signor, Oronte
 dal tempio e d’Artassata
905involarsi tentò. Fu prevenuto
 dell’audace il dissegno ed eran scorta
 della studiata fuga
 d’Ariarate i servi.
 ARIARATE
                                   I servi miei?
 ARTASERSE
 S’asconda il padre e il giudice ritorni.
910Vattene e mori, un traditor tu sei.
 ARIARATE
 
    Vado a morire,
 m’hai detto figlio,
 padre adorato,
 basta così.
 
915   Io nel partire
 da questo esiglio
 non dirò ingrato
 chi mi punì.
 
 SCENA IV
 
 TIMAGENE, ARTASERSE, DARIO
 
 TIMAGENE
 Sconosciuto campion, mio re, che sotto
920al bel ciel europeo trasse i natali,
 d’Ariarate invece
 col feroce leon s’offre alla pugna.
 La sua vittoria assolva
 il principe ch’ei dice
925pien d’innocenza; o la sua morte adempia
 il rigor della legge; e viva lungi
 poi dalla regia il principe sospetto.
 ARTASERSE
 Opportuno soccorso
 al paterno dolor. Entri in arena.
930Assai più ch’ei non crede
 interessato io son nel suo consiglio.
 DARIO
 Colpevole Ariarate...
 ARTASERSE
 È colpevole, il so, pure m’è figlio. (Parte)
 TIMAGENE
 
    Parla in esso la clemenza,
935egli è padre, ancorché re.
 
    Ed agl’occhi dell’amore
 men d’orrore
 un delitto sempre diè.
 
 SCENA V
 
 DARIO, poi ASPASIA
 
 DARIO
 Dario, non è più tempo
940d’importune cautele.
 ASPASIA
                                         Ah sire, Oronte...
 DARIO
 Gran pensiero mi sveglia
 il destino nel cuor. Aspasia senti,
 vivo non solo io rendo
 Oronte all’amor tuo
945ma rendo ad esso e libertade e regno,
 la germana Statira e te sua sposa.
 ASPASIA
 Ah generoso, ah invitto,
 ah magnanimo re. Di quanta gioia
 ora m’inondi il sen?
 DARIO
                                        Sol che tu il voglia
950e il voglia Oronte ed una sola impresa
 degna dell’odio suo non mi ricusi.
 ASPASIA
 Qual impresa a tal prezzo
 può spaventarlo?
 DARIO
                                  Ascolta.
 Non è del padre mio
955fiero nemico Oronte?
 ASPASIA
                                          Ah sì, purtroppo.
 DARIO
 Questa vittima espongo
 dunque allo sdegno suo. Per la sua destra
 cada l’empio Artaserse.
 ASPASIA
                                             Ahimè che sento!
 DARIO
 Io renderò sicuro
960al suo colpo il bersaglio.
 ASPASIA
                                              Inorridisco.
 DARIO
 Vanne al tempio ed i suoi sdegni
 contro il tiranno irrita.
 ASPASIA
 Ma qual fede a’ miei detti
 fia ch’egli presti?
 DARIO
                                   Un grande amor non mente.
 ASPASIA
965E de’ promessi doni
 chi lo assicura?
 DARIO
                               La real mia fede.
 ASPASIA
 No, no, signor, devesi a tanta impresa
 maggior certezza. Un foglio
 vergato di tua man rechi l’inchiesta
970ed il premio assicuri alla grand’opra.
 DARIO
 Da me vergato foglio?
 ASPASIA
 Ad Aspasia lo affidi.
 Giuro a’ numi del cielo
 che i gelosi caratteri non fia,
975toltone Oronte sol, ch’altri mai vegga.
 E se la sua virtù, siccome io temo,
 le grandi offerte all’amor mio ricusa,
 nella sola tua destra
 riporre il foglio.
 DARIO
                                Avrai fra breve istante
980del tempio al primo ingresso
 delle note fatali il foglio impresso.
 
    Vanne, o bella, al tuo diletto
 e favelli nel suo petto
 il tuo amor, la tua pietà.
 
985   Lo consigli amore o sdegno;
 o gli rendo vita e regno
 o infelice perirà.
 
 SCENA VI
 
 ASPASIA
 
 ASPASIA
 Con qual cuore puoi tu, mal saggia Aspasia,
 dalla destra d’Oronte
990chieder il gran delitto, anzi sperarlo?
 Pure per trovar pace a’ miei tormenti
 da un disperato amor tutto si tenti.
 
    Armatevi di vezzi,
 armatevi di pianto,
995o mie pupille intanto,
 per vincere il suo cor.
 
    E se fia che vi sprezzi
 il mio sposo inclemente,
 dite che tutte spente
1000ha sue faville amor.
 
 SCENA VII
 
 Vestibulo della parte posteriore del tempio.
 
 ORONTE, poi ASPASIA
 
 ORONTE
 E sin a quando, o dei,
 soffrir dovrò cotesto
 vergognoso rifugio all’onor mio?
 Cieli! Che veggo?
 ASPASIA
                                   Oronte, a te ne vengo
1005colpevole non già qual mi credesti;
 già il sai...
 ORONTE
                      Tutto m’è noto;
 so l’innocenza tua.
 ASPASIA
                                    Vengo, o mio caro,
 ad aprirti uno scampo; o morte o vita
 in questo punto eleggi.
1010Dario il foglio vergò; prendilo e leggi.
 ORONTE
 «Dal carcere ch’eletto (Legge)
 si ha d’Oronte il timore, Oronte fugga.
 S’ei la sua fede impegna
 di svenar Artaserse
1015saran premio del colpo
 Statira, Aspasia e quanto
 Ciro già possedea.
 La reale mia fé tanto assicura,
 son testimoni i dei e Dario il giura».
1020Ad Oronte si chiede un tradimento.
 A Dario riedi; questo
 indegno foglio ad esso rendi e digli
 che l’orribile aspetto della morte
 cotanto non ottien dal cor del forte.
 ASPASIA
1025Io lo sapea, cor mio, che la gelosa
 tua gloria ne fremea. Ma dimmi, o caro,
 Dario ti addita pure in Artaserse
 un tuo crudel nemico!
 Oronte
                                           Ei me lo additi
 o circondato in campo
1030dagli eserciti suoi o in vuota arena
 e privata tenzon col ferro in pugno;
 e sul capo esecrando
 egli vedrà s’io so ruotare il brando.
 ASPASIA
 Né i prieghi miei potran...
 ORONTE
                                                   T’escan dal core
1035per più giusta cagion.
 ASPASIA
                                          Sì, sì, comprendo
 la tua virtude, il mio dover. Perdona
 se cotanto tentai la tua costanza.
 Bello è il morir se porta
 alla tomba la gloria invitto eroe.
1040Non dubitar giammai
 che al tuo voler s’opponga il voler mio.
 Amami, ciò mi basta, Oronte addio. (Parte)
 
 SCENA VIII
 
 ORONTE solo
 
 ORONTE
 Facciasi pur di me ciò che la sorte
 già decretò; ma non sarà giammai
1045che timor né lusinga
 mi giunga ad avvilir. La vita è un bene,
 se pur ben si puol dir, che rato fugge;
 vive eterna la gloria; io questa ad onta
 del barbaro destin riserbar voglio,
1050men di questo mi cale e vita e soglio.
 
    Frema pure spietata la sorte,
 io di gloria sol pasco il mio core;
 ho svenati alla fama, all’onore
 degli affetti la parte miglior.
 
1055   Venga pure crudele la morte,
 l’alma forte l’attende, la invita;
 odierei molto più la mia vita,
 se costar mi dovesse un rossor.
 
 SCENA IX
 
 Serraglio di fiere a guisa di anfiteatro.
 
 ARTASERSE, DARIO e TIMAGENE. I due re salgono al luogo loro destinato
 
 TIMAGENE
 Pronto, o regi, è alla pugna
1060il campion europeo.
 ARTASERSE
                                       Veggasi in campo.
 TIMAGENE
 Su l’inegual cimento
 lieto di giusto ciel folgori un lampo.
 
 SCENA X
 
 Entra nel campo un guerriero vestito all’uso d’Europa, con visiera calata e disarmato, poi ASPASIA dopo ucciso il leone
 
 GUERRIERO
 Regi, l’ingordo dente e l’unghia fiera
 arruotò omai della nemea foresta
1065il mostro inferocito.
 Intrepido io l’attendo; ancorché inerme
 l’innocenza del principe Ariarate
 sarà sola il mio scudo.
 Di mia virtù, di mia fortezza armato,
1070sprezzo la parca e non pavento il fato.
 ARTASERSE
 Gran cuore ostenta.
 DARIO
                                       Dell’insano fasto
 il folle punirà l’arduo contrasto.
 GUERRIERO
 Numi, voi proteggete
 l’innocenza, l’amor, la fé, la vita
1075d’Ariarate e di me. Ma vien la fera.
 Pietosissimi dei!
 Regga il vostro potere i colpi miei.
 
    Giusti numi del ciel tutti v’invoco;
 dall’alta sfera rivolgete il guardo
1080su questo d’empie straggi orribil loco,
 armate il braccio mio d’occulto dardo,
 onde il vincer la fera io prenda a gioco;
 per salvar l’innocente avampo ed ardo;
 deh voi numi del ciel che lo sapete,
1085voi il nobile ardir deh proteggete. (Viene il leone, l’incognito combatte con esso e finalmente balsatogli sul dorso lo uccide suffocandolo)
 
 DARIO
 Che veggo! (A parte)
 ARTASERSE
                         Che portento! (A parte; scendono)
 ASPASIA
 Nel feroce cimento
 giace estinta la fiera.
 Oh de’ numi pietosi alta clemenza!
 TIMAGENE
1090Han servito le stelle all’innocenza.
 ARTASERSE
 Campion, cui debbo un sangue a me sì caro,
 dimmi, chi sei?
 STATIRA
                                Tiranno
 guardami in volto e riconosci in esso
 a pro dell’innocenza
1095quanto di zelo abbiano i numi eterni.
 Ardimento cotanto
 onde mai scese in cor di donna imbelle?
 Chi diè tanto di lena al braccio inerme?
 Ah se tanto non basta,
1100venga, venga, Ariarate;
 aprigli di tua man, barbaro, il seno,
 perché sazi tu stesso e Dario sazi
 in quel misero cor l’avida brama.
 Fia questi un sacrificio
1105di Ciro all’ombra, un olocausto grande
 a quel furor che tutto m’empie il petto.
 Che più tardi, o tiran? Su via l’aspetto.
 ARTASERSE
 Ah Dario.
 DARIO
                     Padre, i dei d’Averno ha in lega
 l’orribil donna. Il portentoso, il strano
1110coraggio ebbe da Dite.
 Alla tua pace, al mio regnar funeste
 d’arabici prestigi opre son queste.
 ASPASIA
 Opportuno è l’incontro. (A parte)
 Prendi, o Dario, il tuo foglio. Oronte sdegna
1115prestar la destra ad una strage indegna. (Dà a Dario il foglio antedetto)
 ARTASERSE
 Qual foglio?
 DARIO
                         Ahimè! Signor... (Confuso)
 ARTASERSE
                                                         Veggasi. (Tolto a Dario di mano il foglio, lo legge)
 ASPASIA
                                                                           È giunto
 al bersaglio lo strale. (A parte)
 STATIRA
 Che di grande darai giorno fatale. (A parte)
 ARTASERSE
 Timagene, si guardi
1120Dario gelosamente.
 Oronte, Ariarate in libertade
 siano rimessi.
 TIMAGENE
                             Avranno
 i reali comandi
 intera ubbidienza. A voi soldati. (Le guardie circondano Dario, poi Timagene parte)
 DARIO
1125Olà, col vostro re.
 ARTASERSE
                                  Che re? Son io
 il monarca di Persia. Un folle amore
 teco diviso avea di rege il nome,
 il potere non già. Popoli, io regno.
 Dario s’arresti, egli è un vassallo indegno.
 DARIO
1130Ah padre...
 ARTASERSE
                        Taci, il sacro
 nome non profanar di genitore.
 Mio figlio più non sei! Va’, traditore.
 STATIRA
 Empio barbaro cor, comincia pure
 a punirti il rimorso. Alfin sei giunto
1135presso alla tua pena. Sarà la morte
 pena leggiera al tuo fallire.
 DARIO
                                                   Oh sorte!
 ASPASIA
 Dario, che fai? Non cerchi in questo volto
 gli sguardi, i vezzi? E che? Sei tronco o sasso;
 Oronte vive, Aspasia io sono.
 DARIO
                                                       Ahi lasso!
 
1140   Chi m’uccide, chi mi svena,
 chi mi toglie al mio rossor?
 
 STATIRA
 
 Smania.
 
 ASPASIA
 
                   Pena.
 
 ARTASERSE
 
                                Traditor.
 
 DARIO
 
    Padre amato.
 
 ARTASERSE
 
                               Figlio ingrato.
 
 DARIO
 
 Deh movetevi a pietà.
 
 TUTTI
 
1145Non è tempo di pietà.
 
 SCENA XI
 
 Luogo antichissimo della regia lavorato a grottesco ove sono artificiosamente lavorati vari mausolei degli eroi di varie nazioni. Fra questi nel mezzo evvi il magnifico mausoleo di Ciro. Questa scena si dovrà cambiare, come sarà detto in appresso.
 
 ARIARATE ed ORONTE
 
 ARIARATE
 Signor, come tu qui? Come tu sciolto
 dal più giusto timor?
 ORONTE
                                         La regia fede
 Artaserse mi diè, perch’io sicuro
 l’asilo abbandonando
1150qui venissi a goder ciò che di grande
 egli promette in questo dì.
 ARIARATE
                                                   Comincio
 a risguardar in me la maggior opra
 del poter degli dei. Test’è qual reo
 il genitor provai meco inclemente;
1155ora in faccia di lui torno innocente.
 Eccolo.
 
 SCENA XII
 
 ARTASERSE, TIMAGENE, ASPASIA e detti
 
 ARTASERSE
                Al seno mio
 vieni, o figlio diletto; in me perdona
 quella rea cecità che la tua vita
 non men che l’onor tuo pose in periglio.
 ARIARATE
1160Sì umil non parli il genitor col figlio.
 Bastami l’amor tuo.
 ARTASERSE
                                       Signor, ti rendo (Ad Oronte)
 e sposa e libertà. Meno non merta
 chi seppe ricusar sì grandi offerte
 di un tradimento a prezzo.
 ORONTE
                                                   Anima grande,
1165dono sì bello ogni gran merto eccede.
 Sposa, sei mia.
 ASPASIA
                               Son tua.
 TIMAGENE
                                                 Che bella fede! (A parte)
 ARTASERSE
 Olà, venga Statira; amato figlio,
 vuo’ vederti felice
 cogl’imenei di quella
1170che tu adori fedel.
 ARIARATE
                                    Ma se ricusa
 di placar il suo sdegno,
 di vederla cangiata oggi m’impegno.
 
 SCENA XIII
 
 STATIRA e detti
 
 STATIRA
 Or da me che si vuol?
 ARTASERSE
                                          Vedi, o regina
 colui per cui pugnasti,
1175colui per cui vincesti, egli assai meno
 ora chiede da te.
 STATIRA
                                 Che mi richiede?
 ARTASERSE
 La tua pace, il tuo amor e la tua fede.
 STATIRA
 E qui, dove a’ miei lumi
 la memoria fatal s’espone, oh dei!
1180del trafitto mio sposo,
 si richiedon da me novelli amori?
 ARTASERSE
 Se il tragico apparato,
 se di Ciro la vista
 turba gli spirti tuoi. Vadan sotterra
1185questi lugubri aspetti,
 e succedan a lor giulivi oggetti. (Qui sprofondano i mausolei, si cangia il grottesco della scena in apparato giulivo, vedendosi la dea dell’Alegrezza con coro de’ musici e sonatori di stromenti da fiato)
 CORO
 
    Dell’Allegrezza il nome
 come consola, oh come,
 d’ogni mortale il cor.
 
1190   Ora di lei l’aspetto
 d’ogni mortale il petto
 rende più lieto ancor.
 
 STATIRA
 Qual portento, signor?
 ARTASERSE
                                            Non è cotesta
 di magico poter opra qual credi;
1195tutto ciò che qui vedi
 di artefice la man tutto dispose.
 ARIARATE
 Deh quai spariro agli occhi tuoi, Statira,
 le imagini funeste,
 sparisca dal tuo cor l’odio importuno,
1200abbi pietà di me.
 STATIRA
                                   T’amo Ariarate,
 lo confesso purtroppo. Io mi lusingo
 di poter francamente
 svelarti un dì quanto il cuor mio ti adora.
 Ma l’onor mio non mel concede ancora.
 
 SCENA ULTIMA
 
 DARIO e detti
 
 DARIO
1205Signor, per far che intero
 siav’il piacer dell’Allegrezza, io stesso
 nuovo stimolo reco al piacer vostro.
 Questo è il mio pentimento;
 l’accompagno col giusto
1210sagrificio di quest’alma corona
 ch’or rinuncio per sempre; io la ripongo
 nella destra del padre, ei ne disponga
 in favor d’Ariarate; è giusto premio
 questo di sua virtù, di sua costanza.
 ARIARATE
1215Atto sì bello ogni tua colpa avanza.
 Cingi pur le tue tempia.
 ARTASERSE
                                               Ad altro tempo
 riserbinsi le belle
 gare del vostro amor. Tutto si sacri
 ciò che di questo dì rimane ancora,
1220dalla turba giuliva,
 alla più lieta e più felice diva.
 CORO
 
    Dell’Allegrezza il nome
 come consola, oh come,
 d’ogni mortale il cor.
 
1225   Ora di lei l’aspetto
 d’ogni mortale il petto
 rende più lieto ancor.
 
 Fine dell’opera